Giornata Mondiale del Cuore e Milano Heart Week: prevenzione cardiovascolare personalizzata e di precisione –prevenzione fondamentale nei primi 1000 giorni di vita –

di Silvia Pogliaghi

… Dal 22 al 29 settembre si dà il via alla Milano Heart Week che vedrà il suo apice nella Giornata Mondiale del Cuore il 29 settembre 2018. Sono molteplici gli appuntamenti del cuore che vogliono parlare direttamente alle persone e stimolare ogni individuo a “mantenere le promesse al proprio cuore”.

Prendersi cura della propria salute facendo promesse virtuose al proprio cuore sono gli argomenti della campagna che diverse organizzazioni stanno promuovendo parallelamente fra le quali: Fondazione Italiana per il Cuore, Conacuore, Regione Lombardia per l’evento World Hearth Day e Centro Cardiologico Monzino con il Comune di Milano per la prima edizione della Milano Hearth Week.
I numeri dolenti che emergono ogni volta che si parla di patologie cardiovascolari sono purtroppo sempre elevati: tali patologie, infatti, sono considerate la principale causa di morte e rappresentano, precisamente, il 44% di tutti i decessi in Italia.

La prevenzione primaria – cioè quella diretta alle persone sane – risulta quindi essere fondamentale, sin dai primissimi giorni di vita, ha evidenziato il prof. Sergio Pecorelli, Università degli Studi Brescia, Giovanni Lorenzin Medical Fondation – Milano/ New York), come dimostrato da studi epidemiologici condotti a partire dagli anni ’80, l’origine di molte malattie trasmissibili complesse, ci dice Pecorelli, va ricercata nelle influenze che l’ambiente esercita sul nostro genoma, già dal concepimento e fino al compimento dei primi due anni.”
È da qui, continua Pecorelli, che parte la prima linea della prevenzione, che evolve nei casi delle persone/pazienti che hanno già avuto la comparsa di detti eventi con il dover prendere in considerazione le problematiche di familiarità ovvero di genetica.” “Secondariamente, ma di importanza comunque rilevante, aggiunge Pecorelli, è da considerare che chi sopravvive a un infarto miocardico acuto diventa un malato cronico, per il quale la malattia modifica la qualità della vita e comporta notevoli costi diretti e indiretti per la società.”

“La risposta a questi dati – sottolinea Paolo Werba (Unità di prevenzione Aterosclerosi del Centro Cardiologico Monzino IRCCS Milano), oltre che in un approccio terapeutico mirato, affiancato da corretti stili di vita, risiede anche nel fatto che accanto alla prevenzione in tempo utile è necessario lavorare nella prevenzione cardiovascolare come medicina di precisione, ovvero adottare strategie diagnostiche e terapeutiche basate sul singolo paziente, considerando insieme all’intero quadro patologico anche l’ambiente famigliare e sociale, lo stile di vita, il lavoro e la condizione economica, lo status psicologico e clinico, parametri biochimici nonché il patrimonio genetico.”

A questo proposito, in occasione della presentazione della Milano Heart Week, ho chiesto alla Dottoressa Maria Novella Luciani della Direzione Generale della Ricerca e dell’Innovazione in Sanità, Ministero della Salute, di illustrare cosa si sta facendo nell’ambito della prevenzione primaria e secondaria negli Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico in Italia.

L’allarme sociale dei comportamenti scorretti, afferma la Dott.ssa Maria Novella Luciani, soprattutto nel contesto delle patologie correlate all’ambito cardiovascolare è di importanza fondamentale. L’obesità e l’inattività fisica, continua la Dott.ssa Luciani, risultano essere indicatori dei fattori di rischio che ci fanno comprendere quanto oggi parlare di prevenzione, non sia soltanto attività medica sanitaria, ma anche un’azione di consapevolezza sociale a tutti i livelli e quindi il primo livello di intervento è quello sulle famiglie oltre ad azioni coordinate con tutti gli attori che si muovono nel sistema sanità e salute pubblica.”

Le pubblicazioni scientifiche sulle malattie croniche con tema inattività fisica degli ultimi 10 anni, continua la Dott.ssa Maria Novella Luciani, sono cresciute in maniera esponenziale: nel 1995 c’erano circa 250 studi, nel 2018 sono aumentati a 715, c’è quindi molta attenzione all’argomento.”
L’esercizio fisico, illustra la Dottoressa, a confronto con il farmaco, in alcune patologie (come ad esempio nel diabete tipo 2), incide sul 58% dei casi, mentre il farmaco incide sul 31%. Nelle malattie cardiovascolari, aggiunge inoltre, un cambiamento nell’attività fisica associata a una corretta alimentazione incide per il 40% in meno di rischio contro i farmaci che hanno un impatto del 24%.” “Questi, afferma Maria Novella Luciani, sono dati molto importanti che esplicitano come ci si può rivolgere al concetto di cura in modo complementare, perché il sistema sanitario nazionale è volto principalmente alla cura ma, di fatto oggi, la prevenzione ha un ruolo determinante perché va ad incidere sui numeri e sulla qualità della vita delle persone.”
Gli Istituti di Cura a Carattere Scientifico, aggiunge la Dott.ssa Luciani, hanno proprio questa missione, che è diventata sempre di più un’esigenza: l’essere, appunto, sempre di più presenti sui territori per fare educazione e per cercare di agire sulle cause delle cronicità al fine di permettere agli IRCCS di portare l’innovazione ai cittadini pazienti.” “Soltanto se riusciamo a liberare risorse possibili, dichiara ancora Maria Novella Luciani, che sono quelle legate ai comportamenti scorretti, grazie a una presa di coscienza e una collaborazione tra cittadini e Stato, le risorse liberate diventano un’opportunità per poter erogare quell’innovazione che quotidianamente riusciamo a mettere in campo per la cura, per i sistemi di tipo diagnostico e farmacologico.”
La prevenzione, inoltre, aggiunge ancora la Dott.ssa, non può, a mio avviso, essere soltanto sanitaria ma deve essere anche legata all’analisi del modello sociale e culturale da cui la persona/paziente arriva. Studi scientifici, afferma ancora la Dottoressa, hanno dimostrato, come la salute dei cittadini dipenda dal contesto in cui si vive; uno studio svolto a Torino ha analizzato come lo stile di vita al centro di Torino sia migliore di quello delle periferie. I parametri di questo gradiente sono il fatto, ad esempio, che nel centro di Torino le persone si muovono più facilmente a piedi, hanno una mobilità personale maggiore rispetto a quelli che vivono nelle periferie e inoltre, in centro, si trovano alimenti migliori perché vi sono negozi più di qualità.”
“È assolutamente di importanza fondamentale oggi, conclude Maria Novella Luciani della Direzione Generale del Ministero della Salute, sostenere anche tutto ciò che agisce sul mondo sociale e quindi le associazioni di pazienti e le associazioni sportive dilettantistiche che promuovono un’attività che deve essere alla portata di tutti, come ad esempio il camminare, a mio parere attività a basso impatto economico per la persona ma di grande valore sociale e di grande impatto salutare.
L’inattività fisica è inoltre uno dei fattori di rischio modificabile di uno dei 9 obiettivi strategici ‘25by25’ che gli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno concordato di poter raggiungere entro l’anno 2025. Nello specifico, l’OMS vuole raggiungere entro il 2025 9 obiettivi, accompagnati da 25 indicatori di misurazione:
• riduzione del 25% della mortalità prematura dovuta a malattie croniche non trasmissibili
• riduzione del 10% del consumo dannoso di alcol
• riduzione del 10% dei fattori i rischio dovuti ad attività fisica insufficiente
• diminuzione di soggetti con elevato glucosio nel sangue/diabete e obesità
• riduzione del 25% di soggetti con pressione arteriosa elevata
• riduzione del 30% del consumo di sale/sodio
• riduzione del 30% dell’uso di tabacco
• copertura del 50% dei soggetti a rischio con adeguata terapia farmacologica per prevenire infarti e ictus
• disponibilità e accessibilità dei farmaci essenziali per il trattamanto delle Malattie Croniche Non Trasferibili
L’OMS con questi propositi intende ridurre non solo la mortalità ma anche le cause.

Silvia Pogliaghi

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