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Libertà informazione tra diritto cronaca e tutela privacy

di Maria Lucia Caspani

Il convegno dell’Istituto Giuridico dello Spettacolo e
dell’Informazione svoltosi il 30 gennaio ha posto in luce le numerose aree giuridiche d’incertezza, tuttora irrisolte, per gli operatori della comunicazione: giornalisti, sceneggiatori, produttori Tv. Tra gli illustri relatori, il Consigliere della Suprema Corte di
Cassazione Raffaele Frasca e i giornalisti Paolo Gambescia e Andrea Purgatori.
L’evento è stato organizzato a Roma presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’Università La Sapienza. Privacy e diritto della collettività a essere informata, è a cura dell’Istituto
Giuridico dello Spettacolo e dell’Informazione.

Il dibattito, cui hanno partecipato numerosi relatori di primo piano, è stato introdotto
dal Prof. Avv. Giorgio Assumma, Presidente dell’Istituto Giuridico dello Spettacolo
e dell’Informazione, e moderato da Andrea Canali, segretario generale del medesimo Istituto.

Il convegno è stato realizzato con la collaborazione dell’Università La Sapienza ed è
stato coordinato dall’Avv. Annaluce Licheri.

Assumma ha inquadrato l’argomento nelle sue linee generali, ricordando come esso

riguardi in primo luogo le produzioni televisive, specie le fiction, che hanno a oggetto

le vite di uomini famosi, ma anche il giornalismo politico nonché i casi di personaggi

istituzionali che mostrano aspetti della propria vita intima ritenuti non in linea col

formalismo cui dovrebbero adeguarsi. Da manuale, in questo senso, la questione della

foto in topless della principessa Kate Middleton, per cui la casa editrice che ha pubblicato gli scatti è stata condannata a una forte penale.

Il punto di vista dei giornalisti:

Andrea Purgatori, che è anche sceneggiatore e conduttore radiofonico, ha

stigmatizzato «le “leggi bavaglio”, che ci raccontano del rapporto perverso tra

informazione e politica, in forza del quale il giornalismo spesso diventa una clava per

arrivare al potere. Negli ultimi anni la querela intimidatoria verso i giornalisti è

diventata uso quotidiano, e pensate quali effetti dirompenti ciò abbia verso i 40mila

giornalisti precari, che non possono sempre permettersi di sostenere le cause penali e

civili che ne sortiscono. E va detto che c’è una quantità industriale di norme a cui i

giornalisti devono attenersi (e si attengono). Negli anni Settanta la privacy veniva

violata in modo costante e quotidiano. Oggi non si fa più. I giornalisti sanno

autoregolamentarsi, e chi inasprisce le regole punta essenzialmente a evitare che essi

diano fastidio. Non ha a cuore la privacy».

Paolo Gambescia, già direttore de L’Unità, de Il Mattino e de Il Messaggero, oltre

che docente universitario di giornalismo e comunicazione politica, è partito da una

ricerca svolta dall’università dell’Ohio, «da cui risulta che, a seguito della

pubblicazione di una notizia, per i due terzi dei lettori la successiva smentita non ha

più efficacia, in quanto nella loro memoria resta impressa la prima notizia,

indipendentemente dall’eventuale rettifica a seguire. A preoccuparmi, pertanto, è il

fatto che non ci siano nuove generazioni di professionisti educati al giornalismo

d’inchiesta e di denuncia. Occorre che i nuovi adepti ricomincino a pensare a questa

professione come a un esercizio di ricerca. Peraltro, se è vero che a noi insegnavano a

pensare mille volte prima di scrivere, oggi quanti hanno il tempo per riflettere mille

volte? Quante più notizie arrivano in tempo reale, tanto meno tempo c’è per fare le

verifiche, e tanto più il danno si fa pressante».

Il punto di vista dei giuristi:

Il Prof. Adolfo Di Majo, Ordinario di Diritto Civile dell’Università di Roma Tre ha

considerato come oggi «si guardi non tanto a diritti pre-definiti ma a beni e interessi

tutelati in via oggettiva che possono trovarsi tra di loro in concorrenza o in

competizione. Così è avvenuto nel rapporto tra privacy e cronaca, vista come diritto

di informare. In questo senso la tutela della privacy è affidata non al cosiddetto

“diritto a essere lasciati soli”, che è un diritto naturale e in quanto tale dovrebbe avere

la preminenza sul resto, bensì al rispetto di doveri che ne assicurino la liceità e la

correttezza. Per questo, inevitabilmente, essa è percepita come limite alla libertà

informativa, ed è un po’ meno tutelata di un tempo».

Ha fatto seguito il Prof. Mario Morcellini, Preside della Facoltà di Comunicazione e

Ricerca sociale dell’Università La Sapienza. «I diritti della collettività», ha detto,

«sono più importanti rispetto ai diritti delle singole categorie professionali. I

giornalisti sono protetti bene da regole che sono sacrosante ma non tutelano dai

disastri che una cattiva interpretazione del giornalismo ha dato all’Italia. Mettiamo

dunque in equilibrio gli errori, ed è meglio che lo faccia una categoria come i

giornalisti piuttosto che i politici».

Il Consigliere della Suprema Corte di Cassazione Raffaele Frasca ha affermato che

«il Decreto Legislativo 196/2003 sulla tutela della privacy introduce un regime a causa

del quale spesso il confine tra diffamazione e lesione del diritto alla tutela dei dati

personali diventa molto labile, e ciò può provocare dei problemi. Non esiste una

regolamentazione che separi nettamente le due fattispecie, e il codice deontologico,

steso nel 1998, si riferisce al quadro normativo precedente, quello della legge 675».

Il Prof. Enrico del Prato, Ordinario di Diritto Privato all’Università di Roma Tre, ha

ricordato che secondo la moderna giurisprudenza la conoscenza diviene “bene” solo

quando possiede le caratteristiche per fruire della tutela del diritto d’autore o delle

“privative” industriali. Ma qui non è solo conoscenza: è idea originale, di cui qualche

conoscenza può essere la premessa, non una componente esclusiva. Se si stacca l’idea

di “bene” dalla logica della proprietà e dell’esclusività, allora il bene in questione

(l’informazione) va valutato secondo due punti di vista: la riservatezza da un lato,

l’interesse alla notizia dall’altro. In questa prospettiva non abbiamo due diritti

antagonisti, bensì da una parte le componenti di un sistema non presidiato dalla

logica dell’esclusività, e dall’altro abbiamo sì i limiti all’intromissione, ma in un

ottica di armonico coordinamento di interessi».

Ha concluso l’Avv. Annaluce Licheri, che ha parlato del diritto all’oblio,

«concernente la cancellazione dei dati da Internet se lesivi dell’immagine di una

persona, decorso un certo periodo di tempo. Ciò si scontra col diritto alla libertà di

manifestazione del pensiero e col diritto della collettività di mantenere viva la sua

memoria storica. Il problema, peraltro, è di estrema complessità, perché implica anche

il diritto al ravvedimento del protagonista della notizia negativa, tanto più in forza del

principio della Costituzione che prevede la natura rieducativa della pena. In ambito

comunitario il diritto all’oblio si sta definendo come diritto dell’individuo a chiedere la

totale cancellazione dei propri dati su Internet. E ciò sta dando il mal di pancia ai

giganti del web: in caso di non immediato adempimento della richiesta si rischiano

sanzioni o di un milione di euro o addirittura pari al 2% del fatturato dell’azienda. Il

meccanismo sanzionatorio pesante riguarda anche i siti che si linkano a quello che

funge da principale veicolo alla notizia, senza alcun riguardo alla web popularity (cioè

alla quantità di clic che quei siti generano).

«Nel testo della norma», ha concluso l’Avv. Licheri, «la direttiva comunitaria pone

una clausola di salvaguardia, cioè subordina il diritto all’oblio al diritto

all’informazione e alla necessità di serbare fonti che consentano la ricostruzione delle

vicende nel corso del tempo».

L’Istituto Giuridico dello Spettacolo e dell’Informazione (IGSI) è l’organismo di

documentazione e approfondimento sulle normative del settore, strumento fondamentale per

orientarsi nel panorama intricato delle leggi sul diritto d’autore e sulle normative riguardanti il

comparto. Fu fondato nel 1974 su iniziativa dei maggiori organismi operanti nel campo della

produzione artistica e della comunicazione, tra i quali l’AGIS (Associazione generale italiana dello

spettacolo), l’ANICA (Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e

multimediali), la RAI e la SIAE (Società Italiana degli Autori e degli Editori). Dopo alcuni anni di

stasi ha ripreso l’attività di ricerca e di studio a ottobre 2012.

Presidente per il triennio 2012-2015 è l’Avv. Giorgio Assumma, già alla guida, per alcuni anni,

della SIAE. Negli organi gestionali e scientifici dell’Istituto sono state nominate, per il suddetto

triennio, oltre al Presidente dell’ANICA Riccardo Tozzi e al Presidente dell’AGIS Paolo Protti,

personalità dell’industria dello spettacolo e dell’informazione, come Fulvio Lucisano e Aurelio De
Laurentiis.

www.anica.it

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