La solitudine e l’assenza

di Luciana La Stella…

Dall’analitica esistenziale al nulla pensare: la svolta
… E la scrittura si faccia laterale
come da giorni mi aveva preso pensiero: ad esso e in esso
s’era espressa una mancanza – quella
lievissima immagine
che porta a conoscere la costruzione d’universo delle forme incomplete.

Le parole di Paolo Ferrari ben introducono un tema esistenziale come la Solitudine. Un convegno “La solitudine nella complessità del mondo contemporaneo” svoltosi a Fidenza, in occasione del XIV Fidenza PsicoFestival (28 – 30 Settembre 2018 / 6 Ottobre 2018) che si presenta nel suo ambito, impegnativo ed apre a una pletora di altro, proprio come il pensaar ovvero il “pensiero in assenza”, che contiene anche la matrice del pensiero medesimo e per così dire della solitudine.
Potremmo partire da Aristotele e dalla Problemata XXX per prendere spunto dai temi del genio e della malinconia, oppure dalla noia che è una fucina che apre dalla solitudine all’ingegno.
La mia riflessione mi accompagna, in questo svuotare la parola ridondante e trovare quello spazio necessario per proseguire.
È complesso questo parametro che nel diminuire di pensiero apre ad un infinito aperto altrove e che diventa in questo star solo, una base di lancio per nuovi orizzonti.
La vita si presenta da un lato azione e da un lato meditazione e in questo ondeggiare del tempo, che va e viene, si conclude il giorno.

Nel miracolo dell’acquisizione del pensiero, la filosofia, la letteratura ma soprattutto la poesia ha quei riferimenti che sono utili per lasciarci mancare nella relazione con l’Assenza.
Il primo pensiero in questo mancaare, questa “a” che si aggiunge a presenziar l’assenza, pone a mio dire un dialogo sui concetti di «paura» [Furcht] e di «angoscia» [Angst], che nel pensiero di Martin Heidegger hanno tentato di offrire una risposta nell’ambito dell’evoluzione e delle trasformazioni teoriche che si producono progressivamente all’interno del discorso filosofico e in modo similare nel pensiero.
Il pensiero matura, attraverso una serie di passaggi e di svolte successive, che per un verso fanno non solo di Heidegger, ma di noi e della filosofia un domandare costitutivamente aperto e in divenire, assumendo così i tratti di una ricerca in costante trasformazione ma dall’altro, disegnano una trama complessiva e tutto sommato unitaria, all’interno della quale la molteplicità delle direzioni dell’indagine teorica è organizzata e imperniata attorno alla questione dell’essere.
La domanda sull’essere rappresenta in tal senso, il collante e la base unitaria di tutte le varie fasi e di tutte le direzioni che tale ricerca percorre e che annoda l’acquisizione del pensiero, pur sé ancora lungi dal pensare.
È all’interno di questo gioco di continuità e rotture che i concetti di paura e angoscia possono essere inquadrati.
La paura e l’angoscia sono un’ottima lente, per vedere come e in quale misura possa cambiare la nostra prospettiva in generale e come viene percepito il nostro stato d’animo.
Anche Lacan, nel Seminario X, parla dell’angoscia quale chiave d’accesso privilegiata per entrare nel pensiero ed è rilevante comprenderne la genesi e lo sviluppo, per capirne di più sull’essere pensante.
Torna qui l’alternarsi, tra solitudine e assenza ma anche da presenza ed essere pensante.
Entriamo così nel pensiero ma per trovarne una marginalità.
Il senso lo ritroviamo, esattamente in questo breve tratto apparentemente senza significante e arriviamo a comprendere i grandi traumi del secolo scorso.
Mi soffermo nelle parole di Hannah Arendt : “C’est dans le vide de la pensée que s’inscrit le mal.”- Nel vuoto del pensiero è inscritto il male- o quello che lei ci spiega con la banalità del male ma questa è la storia con il suo malessere di vivere.
Per noi, il vuoto del pensiero oggi, è una solitudine che porti ad un accesso diverso e pieno dell’essere è possibile essere in quell’essere di meno.
Quasimodo, poeticamente scrive: “Ognuno è solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole, ed è subito sera.” Una diversa solitudine, silenziosa, melanconica, che prende vita in un tramonto in cui “le coucher de soleil” come si dice nella lingua francese, con un cenno che ci appare
romantico, diviene l’essenza del vivere e dello stare al mondo nel senso proprio fenomenologico dell’essere.
Riprendo l’accezione della solitudine e assenza, per riprendere il tema e per capire come dobbiamo svuotarci per incontrare l’assenza e dunque la nostra verità: come una ferita o un taglio che ci apre a una parte di noi sconosciuta, ci richiama al nostro desiderio, alle nostre scelte ed orientamenti; alla nostra vita e al nostro esser-ci nel mondo assieme agli altri, pur non scevri del nostro essere spesso soli o nella solitudine.
La poesia ci porta in un ambito più affine elettivamente nel suo fluire autentico e a volte inconsapevole, così affiora il pensiero svuotato di forma e di significato, per giungere a qualcosa di inaspettato e fuori da ogni pregiudizio, come sostanzialità astratta.
Dall’analitica esistenziale al nulla pensare, dalla solitudine all’assenza: qui risiede la svolta del pensiero, ovvero nello svuotamento che riconosce il proprio esser-ci in quel sottile margine dell’al-di-qua e dell’al-di-là tra l’essere e il mancare.
Se penso, penso (il) niente. Dico (il) niente.
Non essente.
Pensar-niente. Se l’oggetto esiste, esso esiste
a differenza dei sensi che lo proiettano, lo proteggono,
lo fanno star lì
più che bene / più che male. Cresce il male
(d’essere).

Luciana La Stella

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento