Marjorie Prime – Dialogo con il futuro, alla ricerca della memoria, dell’identità e delle emozioni, in compagnia di un ologramma come ‘damerino di compagnia’

Marjorie Prime – Teatro Franco Parenti Milano, fino al 17 novembre

di Silvia Pogliaghi

Immaginiamo di essere nel 2060: siamo in una casa futuribile, con le finestre come schermi che, a comando, illustrano gli stati d’animo: pieno sole o cielo denso di nubi a seconda se si è allegri o cupi; all’interno dell’ambiente domestico un’anziana donna 85enne, ex violinista, di nome Marjorie. Marjorie (fantastica Ivana Monti) è una donna ancora piuttosto determinata, che si rende conto delle sue fragilità, che ha vissuto pienamente la sua vita costellata di gioie, ma anche di forti dolori, mai completamente elaborati e accettati, ma adesso, si trova a dover affrontare il suo declino cognitivo e vuole “almeno non peggiorare…”. La figlia Tess ( bravissima Elena Lietti) e il genero Jon (Pietro Micci) decidono quindi di affidare la quotidianità dell’anziana a un ‘Prime’ (Francesco Sferrazza Papa) una sorta di ologramma di intelligenza artificiale dalle sembianze del marito di Marjorie Walter, defunto 10 anni prima. Una sorta di replicante di ‘Bladerunneriana memoria’ presente e non presente, che viene debitamente istruito dalla famiglia per poter raccontare a Marjorie i suoi stessi ricordi come anche le emozioni del marito scomparso allo scopo di aiutarla a ricordare e a ritrovare se stessa.

Sono otto ‘quadri teatrali’ intensi, profondi, a volte inaspettati, dove gli attori, (tutti grandiosi!) fanno emergere inesorabilmente, le emozioni di cui solo gli umani sono dotati e, ai quali, le presenze ‘artificiali’ intenderebbero tendere.

L’intelligenza artificiale che ha disponibilità di tempo infinito, offre la sola persistenza della memoria. O sono gli umani che avendo disponibilità di tempo ‘finito’ attraverso gli ologrammi di se stessi, vorrebbero la persistenza della memoria, con la quale ritrovare la propria identità, i propri sentimenti e le proprie emozioni in eterno? Vorremmo essere una Marjorie ‘stellare’ che evoca il bambino stellare di Kubrik?

Nei dialoghi di Marjorie con l’ologramma Walter, così confusionari e sconclusionati, a volte lucidi, a volte senza freni, ma densi di quei sentimenti di affetto misto a malinconia, così tipici degli anziani fragili con decadimento cognitivo, fanno emergere non solo una volontà di riprendere i ricordi, ma anche una ‘voglia di sentimenti’ e di contatto, un “dimmi che sei ancora innamorato di me, raccontami come ero, …e quella volta che siamo andati al cinema…” che, ovviamente, l’ologramma Walter non può soddisfare nella completezza del sentimento.

Tess la figlia, cerca anch’essa una relazione con la madre, nonostante la presenza del ‘padre-ologramma’ mai riconosciuto come tale, ma riesce solo a creare battibecchi o dialoghi burrascosi, Tess è alla ricerca ossessivo-compulsiva di una sua identità, offuscata da ricordi cancellati e ottenebrati dagli strati della memoria, cerca di ritrovarsi anche attraverso la lettura spasmodica delle lettere della madre alla sua dipartita. Tess è ancora in pieno conflitto con se stessa, con la madre e con la sua stessa figlia, ormai non più adolescente. Ingmar Bergman ne sarebbe follemente innamorato. Attimi di vita, di morte, di anima, di irregolarità normale nello scorrere del tempo.

Prima o poi, saremo tutti ‘Prime’, ologrammi di noi stessi? figli delle stelle, digitalizzati nelle informazioni, ma a chi appartengono i ricordi, le identità, e soprattutto i sentimenti e le emozioni? Chi può dire veramente, col cuore, “che bello aver potuto amare?…”

Dopo i successi di Buon anno, ragazzi e Per strada, Raphael Tobia Vogel affronta un nuovo capitolo del suo percorso mettendosi alla prova con un nuovo spettacolo. Testo finalista al Premio Pulitzer 2015, Marjorie Prime declina con estrema delicatezza alcuni dei temi chiave della fantascienza odierna, interrogandosi sulla vecchiaia, sul decadimento fisico e mentale, sulla memoria individuale e collettiva, su quello che resterà di noi, sugli sviluppi dell’intelligenza artificiale e le nuove forme di vita digitale.
Dal teatro fanta-scientifico alla realtà odierna, con un salto a piè pari

L’Università degli Studi di Milano è capofila del progetto europeo MoveCare, inserito e finianziato dalla Commissione europea nell’ambito del quadro Horizon 2020. MoveCare è una nuova piattaforma inegrata per monitorare e aiutare gli anziani a casa, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita degli anziani che vivono soli, l’innovativo sistema di Internet of Things (IoT), raccoglierà i dati sulla persona – tra cui abitudini, funzionalità motorie e cognitive – che saranno analizzati da un’Intelligenza Artificiale e robotica per poter monitorare e valutare un eventuale declino psico-fisico. Coordinato da Nunzio Alberto Borghese, docente di Informatica dell’Università di Milano, e condotto dal team del Laboratorio di Sistemi intelligenti applicati – AIS Lab dello stesso dipartimento, MoveCare è realizzato da un consorzio che coinvolge 14 enti, tra cui il laboratorio NearLab del Politecnico di Milano e la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Policlinico di Milano.

Silvia Pogliaghi

MARJORIE PRIME
Prima nazionale

dii Jordan Harrison

traduzione Matteo Colombo

regia Raphael Tobia Vogel

con
Ivana Monti (Marjorie)
Francesco Sferrazza Papa (Walter)
Elena Lietti (Tess)
Pietro Micci (Jon)

scene Marco Cristini

luci Paolo Casati

costumi Sasha Nikolaeva

video Cristina Crippa

assistente alla regia Beatrice Cazzaro

assistente scenografa Katarina Stancic

direttore di scena Mattia Fontana

elettricista Paolo Casati

fonico Davide Marletta

sarta Caterina Airoldi

scene costruite presso il laboratorio del Teatro Franco Parenti

costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni

produzione Teatro Franco Parenti

spettacolo inserito nel progetto Dalla maschera al robot con il contributo di Fondazione Cariplo

 

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento